È una delle chiese più suggestive e belle della città etnea, un luogo ricco di storia e bellezze artistiche custodite al suo interno.
La Costruzione Originaria
Nelle cartografie del XIV secolo si ha notizia di una piccola cappella edificata a circa mezzo miglio dalla città, sulle rovine dell’antica necropoli romana intitolata a S. Maria della Pietà.
Con la visita di San Bernardino da Siena in Sicilia nel 1418 e la diffusione del movimento francescano degli “Osservanti”, il sito assunse la denominazione “Santa Maria di Gesù” (1442). Venne ampliato e abitato dai frati che lo arricchirono con splendide opere d’arte: il polittico di Antonello di Saliba (1497), la Madonna col Bambino di Antonello Gagini (1498), nel 1519 con i decori della cappella della famiglia Paternò-Castello, nel 1525 con la pala d’altare di Angelo de Chierico.
Nel 1626 i Frati Minori detti “Riformati” presero possesso di S. Maria di Gesù iniziando una grande opera di ricostruzione e restauro. È di quel periodo la realizzazione del crocifisso ligneo di frate Umile da Petralia (1628).
Dopo il disastroso terremoto del 1693, l’edificio fu riedificato agli inizi del XVIII secolo inglobando tutto ciò che rimase integro.
Dopo la soppressione degli Ordini religiosi nel 1866 lo Stato si impossessò dei beni ecclesiastici. Il Municipio incamerò il convento istituendovi un ospizio di mendicità, mentre la Selva dei frati venne venduta per la costruzione della Regia Scuola Industriale, secondo il progetto dell’architetto Francesco Fichera. Nel 1921 il complesso francescano divenne monumento nazionale e nel 1929 la chiesa fu restituita alle autorità ecclesiastiche. Nel 1938 l’arcivescovo Carmelo Patanè affidò chiesa e convento all’Ordine dei frati minori.
La Facciata e l’Esterno
È opera di fra’ Liberato, al secolo Gerolamo Palazzotto, coadiuvato da anonimi “lapidum incisores”. La facciata è romanica, con la decorazione laterale caratterizzata dall’alternanza di pietre squadrate di basalto nero e pietra bianca, tipica della zona etnea. Negli anni seguenti venne abbellita con stucchi. Notevole anche il portale, affiancato da finestrelle con grata e decorazioni scultoree. Il frontone spezzato accoglie una lunetta in marmo di Carrara con rilievo della Vergine col bambino.
Da notare anche il finestrone con gelosia ornato dallo stemma francescano e con sculture ai lati, l’alto cornicione su cui poggia il timpano triangolare con monogramma mariano; i pinnacoli laterali a forma di vaso recenti e una croce di ferro. Il campanile ha un tetto a cuspide e merlature.
Nel fianco sinistro si trova il prospetto della cappella della famiglia Paternò, con parasta e finestra ogivale adornata da strisce bianco-nere.
L’interno e le opere
La chiesa, a navata unica, fu restaurata nel 1830 e nuovamente nel 1975. Pianta regolare con modesta variante nel transetto, finti pilastri appaiati con capitelli in pietra scolpita a festoni, volte a botte lunettata con otto finestroni, decorazione lineare a stucco bicolore.
Lungo le pareti della navata si trovano 14 tele ottocentesche della Via Crucis.
Il pavimento marmoreo fu rifatto nel 1850, interrotto da numerose lapidi sepolcrali del XIX secolo. Altri piccoli monumenti funebri si trovano nella parete accanto alla bussola d’ingresso, sotto al ballatoio del coro che, racchiuso da grata panciuta e sormontata da una loggia ad arcate, custodisce un organo a canne di pregiata fattura, costruito nel 1982 dalla ditta Insoli di Crema.
Il lato sinistro della navata ospita due cappelle gentilizie edificate dalle nobili famiglie catanesi dei Paternò-Castello e Tornambene. All’interno si trovano opere di artisti quali Angelo De Chirico e Antonello Gagini.
Lungo la navata si alternano 4 altari settecenteschi scolpiti a forte rilievo di marmi policromi con interessanti paliotti a forma di scrigno e pedana intarsiata. Sopra gli altari si ammirano le tele dell’artista Giuseppe Zacco.
Accanto all’ingresso sono installate due acquasantiere, di cui una riporta la data del 1613 nel basamento.
Attraverso un antico portale in pietra nella cui chiave è scolpito il monogramma del Nome di Gesù, firma di San Bernardino, si entra in una vetusta stanza finemente decorata adibita ad ufficio parrocchiale, impreziosita da un lavamano marmoreo del XVI secolo decorato con sinuosi rameggi e graffiti. Su una mensola di stucco in alto risalta una targa marmorea finemente scolpita a rilievi attribuita al Gagini e un tempo facente parte della fontana del Chiostro.
Nella sagrestia è collocato un imponente armadio del XVII secolo.
La chiesa custodiva anche un polittico di Antonello di Saliba, allievo di Antonello da Messina, di cui alcune tavole originali smembrate sono custodite al Museo Civico Castel Ursino di Catania, le cui copie sono state recentemente esposte in chiesa.
Nel 1628, fra’ Umile da Petralia, artista scultore appartenente all’ordine dei riformati, realizzò il Crocifisso ligneo.
La Cappella Paternò
Fu costruita come luogo di sepoltura per sé e la famiglia su ordinazione del patrizio Alvaro Paternò (1430 – 1523), senatore romano, che faceva risalire la sua origine alla vetusta gens Julia Paterna e autore, fra l’altro, del Liber cerimoniarum (patentato nel 1522), sulle cui norme si regolano ancor oggi alcuni riti della festa di S. Agata.
Lo squisito portale ad arco affiancato da pilastri scanalati e da contro pilastri adorni di vaghi disegni e recante sul frontespizio una delicata Pietà fra due putti a tutto tondo che reggono lo scudo con lo stemma del casato fu scolpito da Antonello Gagini (1478 – 1536).
Il contratto ancora esistente attesta che fu eseguito, usando lo stesso marmo della Cattedrale di Palermo, nel 1519, e ricompensato con 30 onze.
L’interno in stile tardo-gotico con volta ad arconi acuti impostati su colonnette angolari, finestre ogivali, pavimento a losanghe bicolori, su cui spicca l’epigrafe sepolcrale. L’altare di pietra caratterizzato da archetti ad ogiva di stile normanno. Entro una ricca cornice dipinta e dorata: Immacolata con Sant’Agata e Santa Caterina; tavola firmata e datata 1525 da Angelo di Chirico (1513 – 1525), come si legge nello scudo retto dal putto. Nella lunetta, completata in epoca posteriore da un baldacchino, Eterno Padre, con nastro e dicitura. La pala del pittore messinese, di cui tutto si ignora e che forse frequentò la scuola di Antonello, mostra figure statiche disposte rigidamente, ma dipinte con finezza espressiva, in mezzo a uno sventolio di nastri su cui sono scritti attributi della Vergine e con lo sfondo arioso di un paesaggio. Alcune figurazioni minori hanno suscitato la curiosità degli studiosi.
Accanto al portale in pietra, con arco a tutto tondo su basso piedritto adorno di colonnine a capitello scolpito, sarcofago sormontato da un tempietto in marmi colorati e due angeli in marmo bianco. Nel riquadro di ardesia, ritratto del defunto Bartolomeo Paternò (+ 1633).
La Cappella Torna(m)bene
Eretta nel 1551 e riedificata nel 1762, come si legge nella lastra tombale di famiglia. A destra dell’altare coevo con statua devozionale del sacro Cuore, nel 1952 è stato collocato il monumento sepolcrale di Francesco Paternò, VII duca di Carcaci, letterato e storico morto nel 1854. La grande figura del Cristo incombe sul cenotafio scolpito a fini rilievi con gusto neoclassico da Pietro Tenerani (Torano 1789 -1869). Il portale a sinistra ha un’interessante costolatura ad anelli.
I Dipinti
Giuseppe Zacco (1786-1834) è autore delle tele che sormontano i tre altari laterali.
La prima tela a sinistra raffigura S. Bonaventura con S. Antonio, S. Francesco d’Assisi morente e angelo musicante. Datata 1831, questa tela è ritenuta il capolavoro dell’artista catanese, detto il “Luca Giordano” di Sicilia. Particolarmente felice la zona superiore, resa con grande sensibilità coloristica.
La prima tela a destra raffigura S. Pasquale di Baylôn fra S. Chiara e S. Rosa. Questa tela, datata 1832, in onore del Santo (1540 – 1592), protettore delle Opere Eucaristiche a cui è pure denominata la chiesa, ha le figure disposte entro uno schema circolare e un linguaggio pittorico con sottili effetti chiaroscurali.
La seconda tela a destra raffigura S. Francesco stimmatizzato sul monte della Verna. Accanto S. Ludovico da Tolosa e S. Bernardino. La composizione a triangolo con evidenti lacune rappresentative è priva di vigore. Anche la sobria intonazione dei colori comunica un senso di stanchezza.
Sotto un’arcatella, nella parete sinistra della navata, prima dell’altare della Madonna, è collocato un monumento sepolcrale di Gaetano Paternò, VIII duca di Carcaci (1798 – 1854), con rilievi nello stesso stile del cenotafio Tenerani e fine ritratto scultoreo del defunto.
Sul lato destro, appena all’ingresso, è collocato l’altare dell’ecce Homo: scultura lignea di grande intensità espressiva, siglata G.C., collocata dentro un tempietto marmoreo a colonne del sec. XVIII. Al disotto lapide commemorativa.
Il Presbiterio
Cinto da balaustrata marmorea settecentesca, è collocato l’Altare in marmo con Deposizione bronzea scolpita nel 1974 da Salvo Giordano.
In fondo all’abside si eleva lo splendido altare seicentesco in legno intarsiato con ciborio recentemente restaurato. L’altare ospita il Crocifisso di fra’ Umile da Petralia, scolpito nel 1628 da un pezzo unico di legno d’ulivo. Ai lati, sopra i portali magistralmente scolpiti e intarsiati, sono custodite preziose teche settecentesche in legno e madre perla.